La pagoda della grande oca selvatica e il quartiere arabo

Anche oggi non è bel tempo, ma siamo contenti lo stesso. Ci svegliamo con una pioggerellina fine e possiamo solo immaginare e sperare che anche qui ogni tanto si possa vedere il cielo azzurro …

La prima meta della giornata è la pagoda della grande oca selvatica. Ora come ora non sembra una tipica costruzione cinese, perché manca di tutti i tetti ritorti con i draghetti a cui ormai siamo abituati, ma c’è una spiegazione. I tetti c’erano ed erano fatti di legno, ma sono bruciati talmente tante volte che i monaci si sono stancati di ricostruirli … D’altra parte non è l’unica cosa singolare che contraddistingue questa pagoda: la storia più bella è quella che le da il nome.

C’era una volta una grande carestia ed i monaci che vivevano nel monastero non avevano di che mangiare. Un giorno si misero tutti insieme a pregare affinché gli venisse dato qualcosa da mettere sotto i denti e … un’anatra che stava migrando, probabilmente ferita, cadde all’interno del monastero. A questo punto mi sarei aspettata il ringraziamento per il cibo ricevuto, invece i monaci invece che mangiarla presero ad adorarla dando così origine al nome del luogo. Mah, contenti loro.

La visita del posto non comprende la salita sulla pagoda ma l’entrata nelle sale di preghiera ai lati della piazza interna. Una è spettacolare perché ha i muri completamente ricoperti di giada, che raffigurano Buddha in varie scene della sua vita. Considerando che alcuni vasi di giada fatti ai giorni nostri possono costare svariate migliaia di euro, non oso immaginare quanto possa valere una antica stanza intera!

Fuori dalle sale, nonostante continui la pioggia leggera, bruciano un sacco di ceri, spargendo nell’aria un buon odore di incenso. La guida ci racconta che una volta una signora di un suo gruppo ne aveva comprato una scatola ed aveva avuto la malaugurata idea di accenderli in albergo: aveva finito per far scattare l’allarme antincendio ed era uscita dalla stanza bagnata come un pulcino!

Riposta quindi l’idea di fare shopping di ceri ci dirigiamo verso le antiche mura. Ci dicono che un tempo anche Pechino aveva mura così ma le hanno buttate giù tutte per provare a migliorare la situazione del traffico … Peccato. Perché queste sono veramente molto belle. Imponenti, tenute bene e decorate come uno si aspetta: con lanterne rosse appese ogni 30 metri e palazzetti di guardia. Con i loro 14 Km di lunghezza, ogni anno le mura diventano anche il terreno di gara per una suggestiva maratona … per noi invece diventano luogo di compere perché dentro una struttura di guardia c’è una signora che fa dipinti sotto i nostri occhi, non sappiamo resistere e ne prendiamo tre: un ramo di ciliegio, uno di bambù ed un paesaggio montano. Evviva !!!

Non c’è che dire, ce li hanno venduti bene e d’altra parte ne siamo molto contenti perché ci piacciono un sacco. La guida sarà stata contenta di aver fatto vendere qualcosa alla sua amica ed incomincia invece a metterci in guardia contro i venditori del quartiere musulmano che evidentemente non gli stanno altrettanto simpatici.

Pare che la comunità musulmana si sia venuta a trovare qui nel tredicesimo secolo, ma ha trovato ed ancora trova qualche problema di integrazione, tanto che dopo mille anni i cinesi continuano ad ostinarsi a vederli diversi. In realtà nel tempo ci devono essere stati un buon numero di romei e giuliette con un destino meno tragico perché a noi sembra che la loro pelle non sia più così scura e che gli occhi siano pericolosamente a mandorla. Comunque. Quello che non hanno perso è l’innata ed insuperabile capacità di contrattare araba … Riescono infatti, nonostante i ripetuti ammonimenti della guida, a venderci ogni sorta di gadget fasulli 😉

Proprio in mezzo al vivace mercato musulmano sorge una particolare moschea. Particolare intanto perché è in Cina, circondata da templi buddisti, particolare perché ci sono gli unici edifici a pianta esagonale e non circolare o quadrata, particolare perché, a parte la sua esagonalità, è l’unica moschea costruita con stile quasi totalmente cinese. Così i tetti sono cinesi, la sala della preghiera è ricoperta di tappeti arabi e sulle pareti le incisioni arabe si susseguono ai caratteri che vediamo dappertutto da ormai 5 giorni.

Dopo aver aspettato un paio di elementi del gruppo che si erano persi … ci dirigiamo verso il ristorante dove finalmente vediamo un po’ meglio i ravioli che abbiamo visto ieri, sono bellissimi! Ci sono quelli rosa con gli occhietti e la coda di pesce, quelli fatti a zucca, a fiorellino, noce, maialino, coniglietto ed ognuno di essi rispecchia il contenuto! Oggi però non mangiamo ravioli, ci buttiamo (io almeno) sugli spaghetti che vediamo fatti sul momento. Il procedimento ha qualcosa di magico: il cuoco prende un pezzo di pasta e ne fa un cilindretto, poi lo tira, lo piega in due, poi in 4 poi ancora a metà e ancora, ancora, ancora e … si ritrova con una manciata di spaghetti in mano … nonostante siano poi immersi in un brodo disgustoso non posso fare a meno di mangiare questo prodigio

Dopo una foto con la hostess del ristorante vestita di rosa e con una folta chioma colma di fiorellini, andiamo a vedere il piiiccolo esercito di terracotta. Qui l’imperatore di turno è stato un po’ meno megalomane ed ha fatto fare statuine più piccole ma con vestiti di seta. Che ovviamente sono andati persi ed ora è rimasto un grande esercito nudo che a dire il vero non fa tanta paura. Una cosa di buono però questa idea l’ha portata, perché gli archeologi hanno potuto stabilire in che percentuale nella corte del re erano presenti uomini donne ed eunuchi …

Stasera ci aspetta un altro viaggio in aereo … Ma il passaggio all’aeroporto è sempre reso divertente da una nostra sbadata (si, molto più di me) compagna di viaggio che ai controlli si presenta sempre con una bottiglietta, oppure un accendino e questa volta con una specie di farmacia portatile. La faccia delle guardie cinesi che le frugano nella borsa è sempre impagabile.

L’arrivo a Guilin potrebbe essere definito come l’arrivo nella Las Vegas cinese perché incredibilmente davanti all’aeroporto ci sono neon di enormi palme multicolore che in effetti preannunciano perfettamente quella che è la città: sembra che ogni palazzo faccia a gara con quello a fianco per chi ha le luci più flashanti. Il risultato è buffo ma piacevole.

Ormai è sera e dopo la sistemazione in albergo non ci rimane che goderci un romantico giretto sul lago, con vista sulle pagode illuminate, i giochi d’acqua ed i bei ponticelli che lo attraversano.

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