Palazzo d’estate e la città proibita

Al mattino gli anziani cinesi praticano ancora il Tai Chi. Li vediamo muoversi lentamente nei giardini della città, ma anche nelle aiuole e sotto i ponti. Ogni luogo sembra buono e loro sembrano non curarsi tanto di ciò che gli sta intorno.

Oggi visitiamo il Palazzo d’Estate, anticamente conosciuto come “giardino dei chiari gorgoglii”. Era la residenza estiva degli imperatori e l’ultimo che ha ospitato è stata l’imperatrice vedova.

Sentendo parlare di palazzo, per di più dimora di un imperatore, ad un europeo viene subito in mente una struttura tipo Versailles o Schönbrunn, ma in questo caso si tratta di un complesso profondamente differente. Non c’è un edificio centrale, ma tanti piccoli padiglioni sparsi in un parco. In generale questi padiglioni non avevano ognuno uno scopo particolare l’imperatore sceglieva di volta in volta quel’era il posto migliore per mangiare, riposare, ricevere … l’imperatrice vedova ad esempio, avendo paura di un attentato, sceglieva ogni sera un padiglione diverso per dormire.

In mezzo al parco c’è un lago, ed è il più caldo presente nei dintorni d Pechino: all’imperatrice vedova piacevano i fiori di Loto (come darle torto) e così ha deviato il corso di un canale per rendere più calda l’acqua del suo lago. Risultato: il lago del palazzo d’estate è il posto più a nord dove riescono a crescere questi bellissimi fiori.

Il panorama sul lago è incorniciato da finestre decorate ed intarsi sempre diversi in modo da vedere ad ogni passo un particolare differente e potersi immaginare il resto del paesaggio con la mente … “Perché paesaggio di fantasia è più bello!”

Lungo il lago c’è un passaggio coperto e finemente decorato lungo 700 metri e lo stiamo percorrendo da un po’ quando sentiamo della musica provenire dalla collina della longevità …

Ci allontaniamo dai dipinti e dal coloratissimo tetto del corridoio per addentrarci all’interno del parco. In cima ad una rampa di scale troviamo un padiglione pieno di gente che canta in coro. Ognuno ha uno spartito, chiaramente incomprensibile, e intonano tutti una melodia suggestiva che si intona perfettamente con il paesaggio, bello!

In questa residenza si è consumato anche un dramma degno di una tragedia di quelle serie.

C’erano due innamorati che per una ragione che non ricordo dovevano essere tenuti separati. E fin qui. La crudeltà è stata nel tenerli separati ma vicini: vivevano in due padiglioni adiacenti e solo un muro li separava. Potevano sentire l’uno la voce dell’altro ma hanno passato anni senza vedersi.
Fortunatamente oggi le porte sono tutte aperte, anche se rischiamo di inciamparci ogni volta che ne varchiamo una. Avete presente quei pannelli che vengono inseriti davanti alle porte dei negozi quando c’è pericolo di inondazione? Ecco, qui sono stabili, dorati, e servono per far inciampare gli spiriti cattivi …

Dopo aver fatto un bel pezzo di parco a piedi, ci ritroviamo insieme al nostro gruppo accanto alla nave di marmo … e ne prendiamo una di legno per attraversare il lago e tornare all’uscita.

Non sono mai stata una grande fan delle perle ma quando ci ritroviamo nella fabbrica di perle di fiume mi ritrovo a sbavare sui banconi … Ci insegnano innanzitutto a riconoscere le perle finte da quelle vere mostrandoci tre collane: solo una è originale. A parte la prima che è chiaramente di plastica, le altre due potrebbero essere vere per i nostri occhi inesperti, ma il metodo per scoprire la verità è abbastanza semplice. Basta prendere due perle e sfregarle l’una contro l’altra. Se producono una polvere sottile (quella usata nelle creme di bellezza) senza perdere la loro lucidità, allora sono vere, se invece producono solo un vago odore di bruciato allora sono solo una imitazione. Si sconsiglia di effettuare questa prova a casa, prima di tutto per non farsi prendere la mano dallo sfregamento e ridurre le perle in perline, e poi per non avere brutte delusioni.

Dopo aver preso una collanina di perle nere (non ho resistito), ci allontaniamo dalla fabbrica alla volta della città proibita. Tutto attorno alla città c’è un fossato il cui scavo ha creato la collina adiacente, che non è per niente piccina e può essere risalita per poter osservare dall’alto la città proibita.

Alla nostra guida è piaciuto molto il film di Bernardo Bertolucci “L’ultimo imperatore” e mentre passiamo tra gli immensi cortili della città, ci dice quanto sia un film fedele a quella che è stata la vera vita del povero ultimo imperatore. Ci viene voglia di rivederlo

Attraversiamo il ruscello delle acque d’oro su uno dei 5 ponti rappresentanti le 5 virtù del confucianesimo e passando dal padiglione della perfetta armonia arriviamo al padiglione della suprema armonia. Quest’ultimo, essendo riservato all’imperatore, ha il tetto doppio con tutti e dieci i figli del drago messi in fila. Ognuno di questi draghetti ha ovviamente un significato particolare, ma quello che sta più simpatico ai cinesi è il Pitciu perché avendo la bocca aperta ed essendo privo di ehemm … diciamo fondoschiena, raccoglie tutte le ricchezze degli altri senza buttarle mai via. Non per nulla, di solito, è posto vicino all’ingresso di casa con la bocca rivolta verso l’esterno. Funzionerà? I cinesi credono di si perché sono arrivati a vietare il suo ingresso nelle sale con giochi d’azzardo!

Una delle cose che più mi ha colpito di Pechino è che appena fuori dalla città proibita si passa direttamente in quella che sembra periferia … Oltre ai soliti rotoli di filo avanzato attorcigliati ad ogni palo della luce, ci sono aiuole semiabbandonate e panni stesi in mezzo alla strada, boh …

Dopo aver rischiato la vita un paio di volte, una per ogni tentato attraversamento sulle strisce, ci dirigiamo verso un simpatico mercato della frutta. Ci aggiriamo fra i banconi fotografando quasi tutto perché per noi è quasi tutto nuovo e mai visto … Ci sono pomodori color magenta, cocomeri con un sacco di punte e dall’odore decisamente nauseabondo, uova di ogni foggia e colore, ed una marea di spaghetti.

E’ qui che scopriamo che gli spaghetti di soia che crediamo di mangiare in Italia in realtà sono spaghetti di ceci! Ah, il gelato fritto probabilmente l’avranno inventato a Napoli e dimenticatevi anche i classicissimi involtini primavera, perché sono tipici solo di una regione sperduta nel nord ovest e si fanno solo, giustamente, per la festa di primavera.

Visto che ci siamo fatti abbondantemente odiare nel mercato (abbiamo guardato tutto senza comprare nulla) siamo liberi di provare una delle cose più tipiche di Pechino… il risciò… Ci fanno entrare quasi a tradimento in una stradina con gli amici della guida e ci sediamo a due a due sotto la tenda rossa del potente mezzo . Un ragazzo magrisssssimo sale davanti a noi e comincia a pedalare dondolando di qua e di la. Passiamo tra le casette della città vecchia, che vecchie non sono perché le stanno tutte ristrutturando o addirittura ricostruendo.

Ad un certo punto tutti i risciò si fermano, il ragazzo scende e ci dice un sacco di cose indicando insistentemente la “targa” del suo mezzo. Dopo un po’ capiamo che dobbiamo memorizzarla perché noi passiamo in un vicolo stretto e loro faranno il giro per venirci a prendere dall’altra parte.
Chissà perché questo accorgimento, di solito siamo così bravi a distinguere gli orientali!

Visitiamo una casa vecchia, sul serio, che è stata usata anche da alcuni atleti che partecipavano alle olimpiadi. A quanto pare è stata comprata per pochissimo da un furbissimo signore che ci ha visto lungo, perché il valore della casa ora si aggira intorno a cifre altissime …

All’uscita fortunatamente Umberto si ricorda la targa perché io avevo già confuso il nostro pedalatore con un altro!
La seconda tappa del giro in risciò è una stradina del centro vecchio di Pechino piena zeppa di negozietti di pennelli, stampi, vestitini e acquerelli. Un tempo Pechino era tutta così, casette di al massimo due piani, con i mattoni grigi ma coloratissima perché piena di portafortuna, draghetti rossi, lanterne, decorazioni … A questo punto mi piacerebbe tornare indietro ai tempi di Marco Polo e vedere in grande quello che oggi è relegato in un’area così ristretta e vagamente contraffatta…

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